SCRIVERE È UN SOGNO

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Sì. Scrivere è un sogno che si avvera e che permette ai miei sogni di imporsi in una nuova realtà, altra da quella quotidiana ma che, per me, ha perfettamente la stessa valenza.

Quando le dita scorrono veloci sulla tastiera, nuovi orizzonti si stagliano oltre le linee dello schermo. Parole. Suggestioni. Immagini mentali. Ogni cosa si incastra, si protrude.

Emerge.

Ciò che siamo diventa altro. Ciò che pensiamo diventa la nostra nuova realtà. Si fonde. Brulica. Si accartoccia, a volte. Rinasce e rimescola ogni cosa. Questo è l’atto di scrivere. L’atto più delirante che esista.

Infiniti pensieri prendono forma solo nel momento esatto in cui sono inchiodati alla pagina da minuscoli simboli neri. Uno dopo l’altro. In completa, totale successione.

La voce di chi scrive cambia.

Muta e si muta.

Cerca di spargersi, sfilacciata, nei meandri delle menti altrui. E l’euforia, quando questo accade, inonda la mia mente che, idealmente, si erge sopra la folla, lasciandomi con una pervasiva sensazione di grandi potenzialità insperate a disposizione.

Solitamente, quando concludo un romanzo, immediatamente la fatica è soppiantata proprio da quell’euforia. E dall’alto di questa strana vetta, la vedo quella folla, là sotto. So che è ad una distanza desiderabile e che il mio lavoro, finora relegato solo ad un sogno lucido ad occhi aperti, è pronto per essere conosciuto.

L’immagine che mi si dipinge in mente, ogni volta con precisione chirurgica, è quella che mi vede in mezzo alla folla, sopra di essa oppure immerso in essa. Con le mani davanti al viso, come a formare un rozzo megafono, pronto a raccontare al mondo intero la mia idea.

La mia storia.

Il mio sogno, finalmente ancorato a quelle pagine che vorrei tutti leggessero.

L’euforia, in quel momento, è alle stelle, soprattutto quando poi il romanzo arriva sugli scaffali virtuali di tutto il mondo.

Ed è allora che, puntualmente, mi accorgo che quello è davvero un sogno diventato realtà. O, forse meglio, la mia realtà diventa un sogno.

Perché per qualcuno come me che, purtroppo, non riesce a farsi conoscere davvero con i propri scritti, l’aver messo nero su bianco una storia e sapere che non arriverà a tutti ma solo ad alcuni è qualcosa di straziante, che lascia un segno indelebile.

E genera un’ansia enorme, per via di questa smania che non può essere soddisfatta.

Ed è proprio in quel momento che quell’immagine mentale diventa ancora più vera e ossessiva perché, come in un sogno, dalla mia bocca la voce è come se non uscisse.

Non arrivasse.

È come se il fiato non riuscisse a superare le corde vocali. Come nei sogni non riesco ad avvisare qualcuno di un pericolo o non posso esultare per qualche soddisfazione, anche la mia percezione di questa nuova realtà sembra subire lo stesso fato.

Ho una storia pronta per essere raccontata ma la voce svanisce. Di colpo.

Ecco, sì, dunque. Scrivere è davvero come un sogno.

Ed è proprio per questo che è stupendo farlo.

Ma, al contempo, è anche la cosa che, personalmente, ritengo più tremenda in assoluto.

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